Siamo alle solite, è un anno e più che non scrivo su questo blog, ma devo intervenire per le fesserie che si sentono in giro in questo periodo. A proposito del crocifisso nelle scuole avrei una proposta semiseria che, però, la Lega & Company potrebbe far assurgere a proposta di legge, sdoganandola dalla burla agli altari della Kultura Di Massa.
Non è una grande idea, ma almeno è originalissima e, di certo, servirebbe a consolidare le nostre radici cristiane europee.
Si, insomma, un promemoria per quanti ... caduti dal cielo (pardon: da una carretta del mare) non sappiano dove si trovano in quel momento e soprattutto per i saraceni, questi maledetti saraceni che vogliono far concorrenza a Bagnasco.
Si, ovvìa, insomma! Se proprio dobbiamo fare una battaglia per il corcifisso, che almeno ci si armi d'esso, come Costantino e, siccome sarebbe scomodo e pesante portarne uno di dimensioni ben visibili addosso (si lamenterebbero anche le mamme che già lo zainetto del figliolo gli pesa troppo quando va a scuola), è meglio infrastrutturare il territorio con la sua presenza, come nelle immagini, magari impiegando il TFR, come consiglia Epifani.
Sugli autobus sarebbe l'ideale, perchè girano in lungo e in largo le città, a patto di lasciare ampiamente libera la visuale al conducente, e poi sulle pensiline, così chi ha fade può pregare in attesa di imbarcarsi, mentre gli altri potrebbero meditare, poi nei cartelloni degli orari dei treni e aerei che li guardano proprio tutti, ebrei, mussulmani, induisti, e scintoisti compresi, e, ancora, sui cessi che ci sono nei parcheggi dei pullman così quando c'è la fila, dopo scesi, ci si potrebbe convertire in attesa di scaricare, e, naturalmente, nelle case di intrattenimento (comprese quelle per trans), così per facilitare le conversioni si potrebbe fare a meno di rinchiudersi in convento per mesi e mesi a spese del contribuente.
Il problema che però occorre affrontare per una corretta calibratura del messaggio è di natura estetica. E' meglio il crocificco di Giotto o quello di Caravaggio? O quello di Goja? O quello di Dalì?
Naturalmente, data la delicatezza della questione, ci vuole una commissione parlamentare che dia le Linee guida che, poi, varranno sviluppate da una commissione di esperti, magari in base ai luoghi di installazione (che sò? Alla stazione centrale di Milano, visto che è vagamente all'antica si potrebbe mettere un Goja, mentre a Roma Termini parrebbe meglio un Dalì).
E poi c'è anche una proposta più ... diciamo ... di minima. Cioè lasciarlo stare dov'era due millenni fa, azzerando due millenni di fraintendimenti.
Perchè, è vero, Hegel(*) non è molto letto in Padania, né nel resto del clero, ma lui aveva detto che con la frase "Non cercatemi tra i morti perchè sarò tra i vivi" Gesù di Nazareth voleva dire che lui, cioè il sacro, il mistero, è in tutti i viventi, maiali (come il leghista delle porcate) e cicoria compresi, e non come la racconta la Chiesa che lui sarebbe resuscitato.
Se per "crocifisso" si intende "colui che è stato crocifisso" (participio passato del verbo crocifiggere, cioè "mettere in croce") mi pare un macabro gusto quello di issarlo come una bandiera che guida un popolo o, almeno, una massa di persone.
Se invece si intende semplicemente la croce, cioè due aste di legno disposte a forma di croce, mi pare ancora di gusto più macabro, in quanto i sostenitori di questo "simbolo" si richiamerebbero ad uno strumento di tortura e, dunque, di morte.
Che l'insieme di "croce" e di "crocifisso" siano stati paradigma di una società che affonda le sue radici nel più oscuro medioevo e nella più crudele storia dell'inquisizione, almeno dalla controriforma fino al 1800, non mi pare un "valore" che possa essere messo a fondamento della cultura europea. Sarebbe anche un oscuro monito a quanti non siano né cristiani di religione, né tanto meno cattolici.
E di questi tempi, se pare auspicabile un comportamento generale, mi pare debba essere quello della tolleranza, del confronto e della discussione, non certo l'issare simboli o piantare steccati e muri.
(*) Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, Laterza, Bari, 2003, pagg. 265-282.
giovedì 10 dicembre 2009
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