sabato 10 maggio 2008

Lettera ad un presidente mai nato

Napolitano ha un emisfero cerebrale inerte? Perchè accanto alla critica del terrorismo non si esprime anche sulle stragi? E perchè accanto a queste non esprime sdegno altrettanto forte per i danni causati alla democrazia italiana dal subdolo operare di certe persone?

Qui c'è qualcosa che non va, Presidente!
Danni alle persone e danni alla democrazia sono i risvolti di una stessa medaglia dei quali lei si dovrebbe occupare.

L'operato di tante persone nel periodo cosiddetto Mani Pulite, ed il loro riorganizzarsi in forme giudiziariamente più innocue o più blande ha fatto e continua a fare altrettanti danni che non il terrorismo e le stragi. Eppure la sensibilità di quell'emisfero cerebrale del Presidente pare non esserci. Sembra quasi che tutto passi in una specie di sordina nella quale il savoir faire sia d'obbligo, e poi non c'è un nome ben preciso con il quale etichettare quel fenomeno. Lo si inventi! Ma occorre avere ben chiaro che lasciare al solo giudizio dei tribunali una espressione di colpevolezza o innocenza, o fosse anche di dubbio, per poi dedurne quel che c'è da dedurne, appare una rinuncia della politica. Non parlo della politica come espressione di potere, che è quella che va per la maggiore oggi, ma parlo della politica come servizio alla collettività.

Se uno è sospettato di qualche cosa, perchè i compagni di partito si affrettano tanto a candidarlo? Non potrebbe aspettare, magari saltando il turno, aspettando il giudizio, e ripresentandosi quando tutto è chiarito? Un vantaggio in ciò la democrazia lo conquisterebbe: che almeno i compagni di partito o di governo di quel sospettato si affretterebbero a fare quelle riforme nel campo della giustizia che consentano ai giudici di emettere la sentenza entro un tempo ragionevole.

E invece si rema esattamente al contrario, Presidente! E lei lo sa, non è nuovo del settore. Perchè fa l'indiano? E così, pur di sottrarli alla giustizia, si candidano fior fiore di sospettati, magari in collegi sicuri, sapendo che l'immunità parlamentare li proteggerà, o che almeno potrà rallentare le indagini dei giudici. E se non bastasse, accorciamo i tempi di prescrizione! Così il giudizio va a farsi benedire. Poi si parla di pene certe! Ma per chi? Per coloro che non vengono candidati al parlamento, per coloro che non possono portarsi dietro in parlamento i propri avvocati, esperti proceduralisti sempre pronti all'emendamento salva-mentore.

Che cosa pensare di un capo di governo e di un ministro, come di tanti altri sedicenti onorevoli, anche con cariche di governo, di destra e di sinistra, che hanno le mani così impastate negli affari della Repubblica? Se chi li candida o ne consente la candidatura non ha chiaro che i rappresentanti del popolo devono essere persone di specchiata moralità allora vuol dire che neanche loro lo sono. C'è del tragico in questo comportamento. Del tragico che rivela chiaramente che la politica non è più un servizio. che tanti squattrinati, senza lavoro, senza fissa dimora (ideale), sono all'arrembaggio di un posto di qualsivoglia governo, a cominciare dai comuni e, su su, fino al Parlamento, visto come fattore di promozione patrimoniale.

E se bastasse fare un giro di giostra sarebbe già tanto. Alcuni entrano in parlamento con la cacca al culo (come diceva Louis-Ferdinande Destouches) e ne escono altrettanto con la cacca al culo, quando per l'età così avanzata non riescono più a trattenerla. Una volta alle elementari si lodava la figura di Cincinnato che passato il mandato avuto dal popolo si ritirò al suo onorevolissimo lavoro di contadino. Ma oggi è bene non farci più conto su queste cose, vero Presidente? E allora non meravigliamoci se non si può fare più conto su tante altre cose, come la lealtà verso il Popolo italiano, l'onestà, la laboriosità, la competenza. Se cade la credibilità nei singoli parlamentari, e al giorno d'oggi riguarda un'alta percentuale di essi tanto da ritenere il Parlamento intero un covo di inaffidabili, allora cadono anche altri valori.

Ma della gravità di tutto ciò, lei non sembra avvedersene. E così il danno è immenso e incalcolabile secondo il metro del "puro fatto". E così i giovani se ne vanno alla deriva di un individualismo sempre più marcato, in cerca di ciò che per essi stessi può rappresentare un escamotage utile per il vivere quotidiano, anzichè avere un progetto di vita per il futuro. E quando si dice giovani, non ci si riferisce ai ventenni di oggi, ormai, ma ai ventenni di venti anni fa, quando l'ultima onda lunga del '68, quella dell''86 (ricordate il popolo dei fax?), fu definitivamente sepolta dal craxismo e dalla corruzione eretta a sistema di potere e di governo.

Questi giovani di allora hanno oggi 40 anni, cioè allevano figli con la mentalità del precario a vita, con la mentalità dell'escamotage quotidiano, con le stesse preoccupazioni che mi racconta mio padre (classe 1924) quando, dal 1936 e fino a ben oltre la fine della guerra, la regola alzandosi al mattino era di pensare alla cena per la sera, che più oltre non si riusciva a vedere. Cioè siamo già alla seconda generazione di un sistema che ha coltivato corruzione e precarietà per molti e privilegi per pochi, secondo il detto caro alla borghesia "liberalismo per i poveri e socialismo per i ricchi".

Un intero popolo che non ha una strategia come regola di vita, un intero popolo che oltre a corruzione e precarietà vive anche l'avvilente condizione del telespettatore, ridotto ad idiota (nel senso greco vuol dire senza nessuna importanza e, dunque, che non ha diritto di voto) che fa zapping pensando che quella è la libertà di decidere che sta scritta nella costituzione (... la sovranità appartiene al popolo ...). Un intero popolo che vive anche un'altra condizione di paradossale avvilimento che è quella del consumatore, costretto a consumare dal clima del tempo senza necessità, solo per tenere in piedi il sistema (come le galline dei pollai industriali che beccano il mangime all'accendersi della luce giusta). Einaudi diceva che la straordinaria capacità dei popoli è quella del risparmiatore, cioè di farsi bastare quel che passa il convento e di vedere come impiegare il surplus per migliorare la propria condizione e quella dei figli anzichè dilapidarlo in sciocchezze.

Qui invece siamo affetti dallo strabismo più estremo. Da una parte del cervello, ci dicono i neurologi, coltiviamo gli affetti, che Napolitano ci ricorda essere la patria, la costituzione, la resistenza (quest'ultima non tanto, però), e dall'altro emisfero si coltiva la razionalità, applicata con grande metodica nel distruggere l'umanità e il senso di collettività mediante la ragione delle grandi imprese e del potere finanziario in genere. Alla faccia dell'essere garante di tutti gli Italiani!!!

Presidente, se lo vuole assumere questo compito di ridare la sovranità al popolo?
E non biasimi, poi, se il popolo prenderà a calci in bocca la classe politica (come diceva il suo predecessore Cossiga alla vigilia di Tangentopoli), non solo nelle forme costituzionalmente previste.

Nell'immagine: Berlusconi e Previti in età più giovanile; in basso Previti; a destra Napolitano.

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